domenica 29 giugno 2008

Libertà è...

Cos'è la libertà? Cosa genera in voi questa condizione?

Le definizioni più disparate si sprecano in internet e nei dizionari e credo che ognuno abbia una concezione di libertà leggermente diversa dall'altro.

Libertà è partire solo con pochi vestiti sulla propria Vespa dipinta. Libertà è saltare nudi nel vuoto. Libertà è abbracciare idealmente un paesaggio mozzafiato.

LIBERTA' E'...?

6 commenti:

NutreLaMente ha detto...

La libertà è un tema molto attuale: stasera, su RaiUno, è andato in onda il Premio Internazionale alla Libertà!

http://www.international.rai.it/tv/programmi/scheda.php?id=758

Anonimo ha detto...

..libertà è passione per ciò che fai e coraggio per volerlo fare..

..libertà è guardarsi allo specchio e, senza rendersene conto, scoprire che stai sorridendo guardandoti..

..libertà è non avere rimpianti perché ti sei sentito libero di fare ciò che volevi..

..libertà è sentirsi bene tornando a casa, sapendo di trovare una famiglia che, essendo sempre dalla tua parte, ti spinge a prendere il volo senza mai lasciarti..

..libertà è sicurezza di te e del tuo pensiero..

..libertà è poter fare un rutto senza che nessuno ti guardi con faccia schifata..

..libertà è fiducia totale e sentire che c’è chi si fida di te..

..libertà è consapevolezza e sforzo per raggiungerla e fatica per mantenerla..

..libertà è non lasciare che nulla smussi il tuo “nòcciolo” interno..

..libertà è permettersi di cadere, sapendo che una spalla fraterna sarà lì per aiutarti a rialzare..

..l’altro è la vera misura della nostra libertà..

Anonimo ha detto...

la libertà è darsi fuoco!

Anonimo ha detto...

Libertà è guardare avanti! ancor meglio se da una vasca piena di petali di rosa! hi hi

Alice

Anonimo ha detto...

Vorrei sentirmi talmente libero da non iniziare un pezzo che riguardi il concetto di libertà con la parola “libertà”. Quando mi viene data una consegna tendo, me ne accorgo sempre, ad inserirmi in un recinto di significati e di possibilità che la consegna stessa non presupporrebbe di necessità, ma che io disegno ogni volta con implacabile precisione. La costruzione di questo schema involontario mi fa pensare che l’approccio che mantengo verso la consegna non sia effettivamente libero e che io scriva queste poche righe di pensieri pilotato da una mente più grande, la quale sussume il mio concetto di libertà al concetto di libertà generato dallo sviluppo delle mie convinzioni politiche e culturali, all’idea di libertà che i miei familiari hanno involontariamente contribuito a costruire, alle righe di presentazione di questo post, alle fotografie, all’idea che ho di Kri e di quello che posso ritenere sia il suo approccio verso la libertà e così via all’infinito. Questo gioco di rimandi concatenati inizia ogni volta che prendo posizione o che tento di formulare un pensiero qualsiasi e terminerà quando non avrò più l’energia intellettuale di pensare al mio pensiero. Dico quindi che la libertà è sociale e collettiva, risultato dell’interazione del soggetto con l’ambiente, prodotto talvolta ideologico che ben si piega al doppiogioco. E quel che dico credo sia comprovato dalle sempre attuali domande della e sulla vita: che cosa sia vita e chi abbia il diritto, in funzione della sua libertà, di rinunciarvi.
Sento con sempre maggior perplessità alcune vicende di malati terminali che registrano audiovideo a mo di testamento (i quali poi vengono trasmessi da un telegiornale nazionale con la stessa maniaca brutalità di un documentario di una strage) nei quali decretano la loro fine, rinunciando preventivamente alle cure alle quali verranno sottoposti una volta incoscienti, inabili al giudizio. Mi chiedo se un individuo in queste condizioni abbia il diritto di far leva sulla propria libertà personale (pur essendo essa, come dicevo, storicamente e socialmente determinata) contrastando l’idea di libertà sociale imposta dall’ideologia cristiano-cattolica. E dato per assodato che la libertà, comunque si voglia intendere, non può essere imposta, pena la negazione di se stessa, non posso che essere solidale con chi preferisce il morire al vivere, avendo perso il senso della vita (????) in un letto d’ospedale.
Vorrei parlare non solo di libertà di vita, ma anche di libertà d’arte. Come ogni riflessione, parto da una domanda: vi può essere spazio per la libertà in un mondo artistico-culturale dove la semiotica è disciplina (cito la semiotica fra le varie discipline dell’analisi testuale perché con essa ho più familiarità)? Un mondo culturale dove quindi è possibile descrivere un testo completamente nuovo utilizzando categorie codificate (pertanto vecchie rispetto al testo in esame)? Se esiste il modo di comprendere non tanto cosa il testo comunichi, ma perché esso comunichi un particolare significato, allora come possiamo parlare di libertà artistica dell’autore? Una possibile risposta può derivare dalla considerazione che la presenza della libertà nell’arte è confermata dallo stile autoriale, che costringe l’analista a rivedere i propri strumenti, i quali non riescono più a rendere conto di un’opera che tuttavia è reale, che tuttavia esiste. Pertanto, lo scarto dell’autore rispetto alla norma codificata del linguaggio della sua arte (cinema, pittura, letteratura…) è la libertà dell’autore. Libertà dal codice, la comprensione del quale conduce l’analisi; sovvertimento del codice e creazione di un nuovo ordine di riferimenti, che sviluppi l’arte e la renda incomprensibile. L’arte libera e innovativa come arte incomprensibile, quindi. Forse anche incomunicabile. L’arte che si libera dalla schiavitù della critica e si riafferma in quanto tale, arte per se stessa, masturbazione.
Se tuttavia riconosciamo all’arte una missione comunicativa ineludibile, in questa prospettiva dobbiamo riconsiderare il ruolo dell’autore come unico interprete della sua opera. E’ l’autore, quindi, e non il critico, il megafono dei significati. L’autore che diviene, lui sì, l’unico soggetto critico in grado di riformulare il codice artistico, ridelineando il rapporto fra significante e significato.
In ogni modo, non accantonerei del tutto lo spunto precedente, ovvero che l’arte debba essere per se stessa, vuota di contenuti, involucro perfetto di nulla. Il silenzio può essere arte? Laddove cada il codice che ha reso possibile l’arte, resta solo una tela su un cavalletto imbrattata di tempera, un foglio bianco pieno di parole. E per ridare senso al nulla, creo una poesia accostando parole in modo casuale, incido la tela con un taglierino e passo la mano dentro la fessura (ma, badate bene, qui sto già comunicando il concetto che l’arte non ha senso, quindi comunico).
Oppure la soluzione è che l’arte parli dell’arte; un film dove gli attori si rifiutino di recitare, distruggano la macchina da presa, prendano in ostaggio il regista. Oppure, più sommessamente, il regista che appare e scompare nel suo film, il narratore che si tramuta in scrittore per ritornare poco dopo narratore del racconto. L’arte nuda, privata di ogni ninnolo barocco, essenziale fino all’imbarazzo, è forse il primo passo verso la libertà nell’arte.

Vorrei precisare che: a) le ultime parole di questo breve pezzo arrivano con grande ritardo rispetto alle prime, per cui se notate una certa incoerenza di pensiero, imputatela pure al tempo e all’evoluzione del discorso nella coscienza di chi scrive; b)di gran lunga più importante di “a”: ogni implicazione filosofica del concetto di libertà era estranea ai miei intenti.

NutreLaMente ha detto...

Proprio il pensare che la libertà sia una cosa collettiva, sociale, porta a tante conseguenze aberranti come la Chiesa che mette voce sulla vita di un individuo cosciente o un critico d'arte che estrapola significati spirituali/intellettuali senza il benché minimo intento dell'artista (ormai morto e senza più la libertà di esprimersi). Ricondurre la libertà all'individuo, e solo all'individuo, è l'unica via, secondo me, per uscire da queste aberranti situazioni.

Ottimo intervento, Mauri, mi inchino.